Ho comprato il mio primo Svitol. 18/4/24
Acquistato per risolvere un problema a un rubinetto della vasca, lo uso adesso per il rubinetto del bidé. Lo so, non vedevate l’ora di saperlo. È per dire che sono soddisfattissima del mio acquisto. 6/5/24

Gestione foto e gestione umani

Scopro che se carico le foto da Ipad su FB, da dove si vedono benissimo, escono sgranate peggio d’un francobollo ingrandito.
Scopro che se carico le foto dal portatile ma prima convertendole in JPG, sono migliori.

Scopro che se non carico niente per nessuno, sono molto più felice.

Prima del Volturino

Questa è una prova. Una prova come poche. Si accumulano in questo sito piccole porzioni di pagine che non so se andrò a togliere o lasciare, perché ogni volta che le togli da dove sono, non le trovi mai più. E allora le lascio qui. Crescono, come una pianta particolarmente folta, si ingrandisce sempre di più. E poi? Le foglie non sono fatte per essere contate. Ma per essere potate. Incolti i cespugli che nel pomeridiano si affollano e occupano le ore che avrei dovuto dedicare al sonno.

[…] Quest’è il riassunto della vita, quando non piango per il fatto che mi viene tolto il sonno, tagliato via con delle forbici si spezzano i fili che mi tengono unita al mondo del sonno. Sandman.

[…]
La vita può essere un fumetto? Ho bisogno anche del duro lavoro.

[…] è diverso, così diverso, da quel lungo lamento di caratteri tipografici che schematico fornisce un riassunto delle mie giornate, in cui cerco di analizzarle, e niente se ne fa, niente.

[…] mi ricordo di quelle estati in Calabria, quando, di notte, mi portavano a mangiare un cornetto di notte, e la gente camminava per le strade a notte fonda, alle 3, alle 4, in quel brutto paese dove niente succedeva: si affollavano i cafoni, sembravano alghe che proliferavano in un mare pieno e nutrito dagli scarichi, dall’immondizia.
Un grosso tubo si versava lì, sotto il ponte, in una foce, e le persone incuranti, più avanti, profumavano di creme solari su cui si incollavano i granelli di sabbia sulle braccia bianche. Alcuni erano scuri, quasi indigeni, piccoli tarzan che durante l’anno facevano il lavoro di parcheggiatore.
[…] A Luglio prendevo un treno e partivo per D., la casa della mia amica sembrava di paglia ed era lambita dal mare, sua madre sembrava una polinesiana, […], gli occhi neri, i capelli neri in un caschetto sottile. La mia amica dormiva sul letto di sopra in una struttura a castello, e scorreggiava tutto il tempo, in un meteorismo selvaggio che poi si trasformò in febbre: febbre d’estate.

Allora negli ultimi giorni, ovvero tutti, tutti i giorni erano sempre gli ultimi, oramai, mentre aspettavo la sua guarigione, camminavo sulla spiaggia da sola, a volte inciampavo in un tronco arenato, raccoglievo sassi e conchiglie al tramonto e scambiavo parole con persone tranquille. Una ragazza dai capelli biondi, che non aveva mai avuto un ragazzo, che pregava sempre, insieme a sua sorella. Di questa donna mi rimase il ricordo, ci vedemmo ancora, e poi mai più. Nulla rimane di quell’estate di tanti anni fa. […]

Un’ordinaria mattina

Ripenso ad Eraserhead che era il film perfetto. Fuori c’è un cielo traslucido che s’intona con le mie tende sbiadite. Due navi che solcano della nebbia bianca. Non si vede attraverso. Fuori lavorano sommessamente, infilano pilastri nella terra come se fossero spilli al punto che oramai nemmeno ci si ricorda più che questo mondo aveva un’anima fatta di carne. Lo crocifiggono, lo strutturano, e poi costruiranno alti palazzi e parcheggi dove si muoveranno omini e automobili, un po’ come accade in tutta questa città dove imperano palazzi neo razionalisti alti e grigi: è un ritorno al fascismo? Sono brutti, dalle bordure brutte, e li vendono come eleganti. Questa città sta diventando Torino, la Padania è venuta a me. Però tra i vicoli tutte buche e sanpietrini, che i ciclisti al Giro d’Italia nel loro passaggio hanno criticato (le strade sono pessime!) è peggio che in Sicilia. Sul marciapiede non riesco a passare perché c’è uno che vende sciarpe e bandiere del Napoli appendendole ai paletti della strada. C’è un negozio di fuochi d’artificio (esistono?) che vende fumogeni azzurri. Ci sono piccoli bar squallidi, negozietti di poco conto e molte saracinesche chiuse. Esploro una zona della città che non conosco. C’è traffico, le strade sono rotte, c’è lo smog, i binari della stazione dove crescono alti dei fiori rosa (il treno ci passa attraverso senza distruggerli? come si sentono i fiori ad essere attraversati ogni volta?) e poi giungo dove non dovrei. Scappo via. A ridosso di una discarica, un lagno, pieno di spazzatura e qualche campagna, e non me n’ero mai accorta. La strada è asfaltata male e dal silenzio assordante. […]

E non avere la libertà di disprezzare un bel libro: questo è il prezzo della maturità. Occhi puntati addosso, devi stare attento a quello che dici, non puoi aprire una polemica se non ti piace l’allestimento di una galleria, no, non puoi. Devi lasciare le persone nel loro buio in cui i colori dei quadri non risaltano, devi lasciar correre.

Si provano nuove soluzioni

Ci sono cose che non prendono un ordine preciso e soluzioni che vengono continuamente riadattate sperando che prima o poi si giunga a quella considerata ideale. E mentre una mimosa viene sospinta dal vento, primo fiore nato per sbaglio, e i limoni tondi e gialli, come addobbi natalizi, pesano su un albero quasi privo di foglie; mentre i boccioli dei fiori sono nascosti nei giorni di pioggia, per non farsi vedere, ma immaginano l’arrivo dell’imminente primavera proprio in questa metà gennaio in cui cade la prima neve – in un inverno atipico, in cui ha fatto caldo, io ritorno qui.

Ho scritto, ho scritto sempre, in questi mesi, allo stesso modo in cui i fiori hanno preparato i loro petali avvolti come coperte ripiegate in un chiuso e netto bocciolo. Semplicemente, il lavoro non è visibile, per essere visibile bisogna abbassarsi, guardare a terra, oppure andare nel luogo dove è visibile.

Ma non tutto deve essere reso visibile. Di un albero si vede il fusto, ma non se ne vedono le radici, fatta eccezione per una piccola parte, che cresce in superficie. Ci sono inoltre alberi che non guarda nessuno, nascosti in angoli lontani, e io intendo essere uno di quelli.

Fa freddo, dio se fa freddo adesso. Sono sotto il terreno, e vorrei non spuntare mai.

Sulla scrittura.

Ho scoperto che rielaborare più volte un testo non dà risultati di interesse. La migliore scrittura è quella di getto. Organica, che possiede una visione d’insieme dell’argomento. Rielaborare accade quando non sai cosa dire, oppure quando il fine è un articolo commerciale, adatto alla gente.

Attenzione però: niente è davvero rielaborato nel modo corretto finché non è pronto per la pubblicazione.

Ma una cosa, solo perché è in grado di essere realizzata, non è detto che abbia motivo di essere realizzata. C’è una spinta che le permette la realizzazione.

Non si deve cadere nell’ inganno di realizzare tutto ciò che si ha in mente.

Si deve realizzare ciò che va fatto, o che ha bisogno di essere fatto.

(9/12)

Piove

I miei boccioli di stramonio sono crepati a causa della pioggia.
Le rose rosse sono diventate nere e morte.
Sopravvive, inclinandosi verso la luce, una pianta di pallide rose rosa che sembrava troppo ingenua per adattarsi a quest’esistenza.

Per l’inconscio i simboli sono realtà

Ho conosciuto la figura di Jodorowsky più di 15 anni fa, con alcuni suoi film: La Montagna Sacra, El Topo, Fando y Lis, per poi vederli tutti.

Lo Jodorowsky scrittore è arrivato nella mia vita con La danza della realtà, il suo libro più famoso, un’autobiografia scandita in periodi che ha più il sapore di un saggio che di una lunga storia. Da essa sono stati tratti i suoi ultimi due film: La danza della realtà e Poesia sin fin, bellissimi.

Come la maggiorparte dei libri di Jodorowsky, anche La danza della realtà, è consigliabile che venga letto a piccole dosi. I suoi scritti sono così ricchi di contenuti spirituali che per essere recepiti conviene non eccedere, in modo da poter assimilare qualche massima al mattino. In alcuni punti si ha l’impressione di avere a che fare con poesia in prosa, ma il libro contiene più che altro di riflessioni sulla vita, dedotte attraverso una vita atipica, fatta da un lungo continuum di immagini surreali. La vita di Alejandro è un’opera d’arte. Quest’autobiografia non contiene tutto, ma si può definire un buon riassunto, chiarendo i punti principali del suo percorso. Rappresenta perciò l’ideale per un primo approccio a Jodowosky.

Nella Danza della Realtà è descritto molto della sua variegata vita.
Si parte dal rapporto con i genitori e la vita in Cile, le poesie giovanili (il fervente movimento dei poetas en action con Lihn e altri artisti), per continuare con il teatro, la fuga in Francia, la pantomima, gli incontri relativi al cinema, lo studio dei tarocchi e infine la psicomagia. Come in altri suoi libri ho trovato la parte sulla psicomagia (così come quella sui sogni) tra le più noiose, seppur necessaria. Perché si tratta di capitoli costituiti più che altro da esempi che il lettore non vedrebbe l’ora di applicare, ma non può farlo. Perché questi esempi sono ricchi ma non si ha tempo di approfondirli uno per uno, di indagare in maniera meno superficiale sulla psicologia del malato. Il racconto degli atti psicomagici si riduce perciò solo a un semplice resoconto dei fatti. Si hanno davanti, in queste pagine, avanti numerose testimonianze ad episodi, in un misto di psicanalisi e sciamanesimo.



– Ho letto questo libro per la prima volta nel 2012. –

Il problema del perfezionismo si cura se accettiamo di mostrarci più imperfetti di quanto siamo in realtà davanti a chi lo pretende da noi. Una ragazza giovanissima che frequenta una scuola di cinema soffre perché esige troppo da se stessa. “Fin da quando ero bambina non sono mai contenta di quello che faccio. Il desiderio di essere perfetta mi blocca completamente” Le consiglio di girare un cortometraggio, il più brutto possibile. Mal diretto, mal fotografato, male interpretato, con una storia stupida raccontata in modo assurdo. Poi deve radunare la sua famiglia, mostrare loro quella schifezza e obbligarli ad applaudire e a elogiarla.

Alle persone depresse è bene rivolgere la domanda: “Se non esistessero leggi e tutto ti fosse concesso, chi ammazzeresti e come?” aiutandole così a compiere i loro delitti in modo metaforico. Inoltre a queste persone è utile consigliare di fare qualcosa che non hanno mai fatto e nemmeno immaginato.


Quando si desidera possedere una qualità ma non la si può avere, è comunque possibile imitarla.

Per consigliare le persone afflitte da nevrosi sociali, mi sono ispirato al film Il mago di Oz. Un uomo di latta vuole avere sentimenti, lo psicomago gli fissa sul petto un orologio a forma di cuore. L’uomo di paglia vuole essere intelligente, lo psicomago gli conferisce un diploma universitario. Il leone vigliacco vuole essere coraggioso, lo psicomago lo decora con una medaglia.
Per l’inconscio i simboli sono realtà!

La Danza de Realidad

“I want to make cinema that loses money, cinema that forces me to look for work in other mediums. Filmaking for me is sacred. Films should have a purpose, to open our consciousness.” – Alejandro Jodorowsky

Di alcuni giorni fa

Che importa di tutti gli articoli da scrivere? Nessuno sentirà mai la mia nostalgia, se parlo così tanto.

I discorsi qualunquisti inghiottono le parole, la solitudine è sinonimo di poesia, di pensieri fratturati.

Can you hear the bumblebees swarm?

I love everybody
Because I love you
I don’t need the city, and I
Don’t need proof
All I need, darling
Is a life in your shape

Ci cadrà in testa un’alveare. Ci affezioniamo a tutto, anche ai bombi. Si mangiano code di lucertole croccanti. Un albero si allunga e si tende prima in un verso e poi in un altro, ne rimane solo lo scheletro, immobile e per sempre. Che era di quella donna che indossava una maschera il giorno di Carnevale? E’ così che nascono gli inganni, alla fine dell’inverno. Quando qualcosa sta iniziando a smuoversi nella terra, a germogliare, e i cui fiori e frutti ancora non sono visibili in superficie, è allora che si smuovono gli animi. Semi o demoni? Forse sono la stessa cosa, che impastano, ribollono, nelle viscere degli animi.

(Strawberry blond, Mitski)

 

12 Marzo

Ormai sono stata presa da altre idee. Sto spostando le foto del 2018 su un hard disk esterno, per ora non mi serviranno più per un po’. Devo attendere 11 minuti. C’è stata una cascata di ghiaccio, e i fiori di prugno non hanno retto: si sono un po’ spennati. Non ho visto i fiordalisi gialli, sono usciti. Forse non erano fiordalisi. Quelli Ikea, che si montano ogni anno.

La domanda non è: Perché U-Jin mi ha imprigionato? La domanda è: Perché U-Jin mi ha rilasciato?

Cosa ho fatto di male?

E specialmente, perché continuo a chiedermelo? In fondo la vita è gradevole, sempre.